Quando cerco nuovi stimoli, voci, fonti, per crearmi un punto di vista originale da sfoggiare all’aperitivo del venerdì, di solito vado in Hoepli. Al piano arti visive, architettura, poi economia e scienze sociali. Qualcosa trovo. Non è detto che sia succulento, che mantenga le promesse, ma uno spunto da cui partire lo trovo. Di sicuro mi porto a casa almeno una rivista neozelandese.
Perchè, alla faccia della coda lunga della rete che fortunatamente ha dato ragione d’esistere a tutte le nicchie possibili, è ancora bello aggirarsi tra i saperi.
L’altro giorno invece sono passata in Feltrinelli di Corso Vercelli e mi sono avventurata al primo piano, spingendomi oltre le guide turistiche, area economia, due afosi metri quadri di autori italiani probabilmente docenti universitari nelle varie cattoliche, iulm, bocconi, statali, due appiccicosi metri quadri di libri-marketta dei corsi dei suddetti docenti universitari. Non abbastanza di nicchia, troppo accademic-irrazionalpopolare, brontolavo tra me e me, sconsolata.
Poi l’ho addocchiato, penultimo ripiano dell’ultimo scaffale d’angolo. L’ho ripulito dalla polvere, ho starnutito stizzita (l’acaro è mio nemico, anche quello colto), e ho gongolato.
Serge Latouche, ‘La scommessa della decrescita’ (toh, serie bianca Feltrinelli).
Da quando ho scoperto che è arrivata la fine del mondo come noi lo conosciamo, mi ronza in testa un unico, sparuto, rachitico pensiero: perchè l’economia deve proprio crescere? Chi l’ha deciso?
L’azienda deve crescere per sopravvivere, è il suo destino. Il fatturato deve crescere, con i vecchi e coi nuovi prodotti, nei vecchi e nei nuovi mercati. Quando un prodotto ha raggiunto la fine del suo ciclo di vita, se ne lancia uno nuovo. E il ciclo di vita è sempre più breve.
Nel mercato globale dei profumi si lanciano 500 nuove fragranze all’anno.
500 nuove fragranze, tra nuovi jus, varianti, edizioni limitate.
E chi le annusa? Ma soprattutto: e chi le compra?
Un giorno arrivai short listed per un ambìto posto in L’Oréal Prodotti di Lusso, marchio Biotherm (se l’avessi beccato forse non starei qui ad avere crisi di coscienza?). Il CEO-Italia mi chiese perchè secondo me le fine fragrances erano in crisi. Risposi: ‘perchè ci sono troppi lanci’. Presero un’altra.
Il marchio si espande, fa brand stretching, si infila in segmenti vicini, poi si avventura in segmenti sempre più lontani dal core business, al limite del nonsense.
Un giorno la Thun mi disse che voleva andare oltre la ceramica. Dove possiamo andare? Legno, tessile? ‘Mah, entrate nel bagno’, suggerii. Mi vollero assumere.
Quando un mercato è maturo e stagnante, si entra in un altro. I paesi emergenti sono stati la speranza di luxury brand europei agonizzanti. I BRIC: Brasile, Russia, India, Cina. Grossi mattoni con cui restaurare la baracca.
La Russia dei nuovi ricchi, innamorata del meno raffinato Made in Italy, ha fatto una scorpacciata di marchi italiani da overdose, e tutte le boutique del Quadrilatero si sono riempite in pochi anni di commesse caucasiche, sparite in esubero appena i nuovi ricchi si sono trasformati in nuovi poveri.
Questo è stato il paradigma del profitto, del capitalismo, nato con l’era industriale, abitato dalla società del consumismo.
(e io sono una che ha fatto un master in Innovazione di Sistema Prodotto, che si è inventata decine di nuovi prodotti e che pur di fare la spesa al Centro Botanico si è fatta venire le più sordide intolleranze alimentari).
E l’entropia?
No, dico, ci siamo dimenticati dell’entropia.
Entropia = non reversibilità delle trasformazioni dell’energia e della materia.
Qualcuno ha fatto il P&L (Profit&Loss) della Terra?
L’economia sembra crogiolarsi nell’idea dell’infinito. Risorse infinite, crescita infinita, profitti infiniti.
Perchè l’economia è stata lasciata a lungo isolata dalle altre discipline, uno splendido isolamento comodo a tutte noi ‘élite’.
In realtà molti stanno ibridando da tempo economia, chimica, fisica e biologia, secondo lo stesso processo per cui finalmente anche la medicina occidentale si è affrancata dalle specializzazioni cieche e ha adottato l’approccio olistico.
Dagli anni ’70 si parla di Ecologia. Dagli anni ’90 di Sviluppo Sostenibile. Eppure il paradigma non è cambiato.
‘La scommessa della decrescita’ è stato pubblicato in Francia nel 2006, prima della peggiore crisi economica globale dal 1929. Prima che Barack Obama venisse eletto Nostro Presidente.
E’ vero, parlare di decrescita è ancora più radicale, è una provocazione quasi insostenibile.
Ma esisterà un modo per far tornare il P&L della Terra, magari continuando ad essere profumati?
(e va detto che questa nuova tastiera bianca con riverbero blu elettrico è una vera ciofeca. Innovazione davvero non necessaria).